Il “Museo Campano” di Capua: “il più significativo della civiltà italica della Campania”

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Il “Museo Campano” di Capua (Caserta) fu fondato nel 1870 a seguito di una delibera della “Commissione per la Conservazione dei Monumenti ed Oggetti di Antichità e Belle Arti nella Provincia di Terra di Lavoro”, a sua volta istituita con Decreto Reale del 21 agosto 1869. Fu inaugurato poi il 31 maggio del 1874. In quell’occasione fu l’Abate benedettino Padre Luigi Tosti a tenere un memorabile discorso. Il Museo, di proprietà provinciale, ebbe lo scopo di riunire a Capua le antichità disperse per il territorio casertano. Ebbe nei primi anni un notevole sviluppo, per impulso del canonico Gabriele lannelli (archeologo, storico e paleografo) vera anima dell’Istituto e primo direttore. A Capua arrivarono epigrafi latine importanti, disperse nei campi o nei conventi e destinate a sicura distruzione, quadri già esistenti in chiese abbandonate o in monasteri; un medagliere e una pregevole biblioteca, con lo scopo di riunire tutto quanto si era pubblicato nei vari Comuni in Terra di Lavoro. Il luogo di cultura fu definito da Amedeo Maiuri (1886-1963), l’illustre ed innovativo archeologo che diresse per ben trentasette anni gli scavi di Pompei, “il più significativo della civiltà italica della Campania”.
La scelta per la sede del museo ricadde su Palazzo Antignano, uno degli edifici più grandi ed eleganti della città di Capua (eretto tra il 1450 ed il 1454), considerato un raffinato esempio dell’architettura civile catalana. La costruzione originaria del palazzo risale probabilmente all’epoca della fondazione della Capua Longobarda. L’edificio vanta un originale e suggestivo portale durazzesco-catalano con gli stemmi degli Antignano e d’Alagno.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il 9 settembre 1943, Capua subì un pesante bombardamento aereo da parte delle Forze Alleate che devastò l’intera città, compresa la sede del museo. Fortunatamente le collezioni erano state preventivamente messe in salvo. Una lunga e faticosa opera di ricostruzione dell’edificio iniziò nel 1945 e terminò nel 1956.
Il Museo oggi occupa 32 sale di esposizione, 20 di deposito, tre grandi cortili, un vasto giardino. I reperti che accoglie, monumenti e documenti di straordinaria importanza, sono stati illustrati negli ultimi secoli da studiosi di grande fama: da Michele Monaco ad Alessio Simmaco Mazzocchi, da Gabriele Iannelli a Teodoro Mommsen, da Julius Belloch a Jaques Heurgon ad Amedeo Maiuri, e sono tuttora oggetto di interesse degli studiosi di tutto il mondo.

Il patrimonio è costituito da un nucleo archeologico, che comprende sculture, vasi, bronzi, oggettistica, lapidari e mosaici; uno storico-artistico, rappresentato da dipinti, sculture e cimeli; e uno biblio-archivistico. Di notevole importanza sono la collezione delle Matres Matutae, statue votive in tufo che vanno dal VII al I secolo a.C; le sculture superstiti dell’arco voluto da Federico II di Svevia (1234-1239) e il monetiere (VI secolo a. C. – XIX secolo d.C.), dono della famiglia Garofano-Venosta. Con il recupero di alcune sale sono state allestite: la Sala Borbone con i ritratti della Casa Reale di Napoli; la Sala Liani, dedicata al pittore Francesco Liani; la Sala Savoia con i ritratti della Famiglia Reale di Savoia. Di rilevante importanza l’Archivio Storico con documenti riguardanti le vicende, il patrimonio monumentale ed i personaggi più rappresentativi della Città e della Provincia e la Biblioteca ricca di circa 70.000 volumi a stampa e preziosi manoscritti.
[La foto che pubblico è una rarissima immagine risalente probabilmente alla fine dell’800, che riproduce il portale d’ingresso del Museo Campano]
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