Social media, populismi e utilizzo distorto della comunicazione politica

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Di seguito troverete alcune mie considerazioni sulle forme in cui si presentano oggi i populisti della società contemporanea. Si tratta di mie riflessioni che prendono spunto da fatti concreti e atteggiamenti reali di chi sfrutta gli istinti primordiali di una società post-postmoderna, priva di ideologie e sovrastrutture, per accaparrarsene i consensi in termini elettorali. Gli spunti di riflessione si sono trasformati in post che di volta in volta ho pubblicato su facebook. Li troverete di seguito preceduti dalla data di pubblicazione. Buona lettura.

7 marzo 2017 – “Narrazione“, una parola molto utilizzata negli ultimi tempi. Sta ad indicare il modo in cui vengono raccontati i fatti di attualità attraverso i media. Dovrebbe descrivere la realtà, ma poi vai in giro, parli con le persone e ti accorgi che la differenza tra il vissuto e la “narrazione” è veramente abissale.

3 giugno 2017 – La strategia della distrazione di Noam Chomsky. L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
“La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali” (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

15 giugno 2017 – Quando la bulimia mediatica, gli slogan e questa narrazione dell’effimero avrà saturato i timpani e gli occhi delle persone, torneranno di moda la politica e i politici, ne sono certo.

9 agosto 2017 – Gli esseri umani prendono quasi sempre le loro decisioni in modo emotivo e istintivo, giustificandole successivamente razionalmente. Se, in seguito ad un episodio negativo accaduto realmente il comunicatore riesce a catalizzare l’emotività del momento su uno o più capri espiatori, magari già vittime di pregiudizi, allora il gioco di distogliere l’attenzione dal problema vero è fatto. L’obiettivo è quello di scaricarsi delle proprie responsabilità e indirizzarle da qualche altra parte, il più lontano possibile da se stessi. Questa tecnica comunicativa si basa sul neuromarketing che applicato alla politica è alla base di tutti i populismi moderni.

12 agosto 2017 – Il vittimismo è tipico di ogni populismo. Lo spiega bene Umberto Eco nel suo libro “A passo di gambero”. Lo hanno utilizzato nel passato Mussolini e Hitler e recentemente Berlusconi e Trump. Ecco cosa scrive la buonanima del prof. Eco: “Ogni prevaricazione deve essere giustificata dalla denuncia di una ingiustizia nei tuoi confronti. In definitiva il vittimismo è una delle tante forme con cui un regime sostiene la coesione del proprio fronte interno sullo sciovinismo: per esaltarci occorre mostrare che ci sono altri che ci odiano e vogliono tarparci le ali. Ogni esaltazione nazionalistica e populistica presuppone la coltivazione di uno stato di continua frustrazione. Non solo, il poter lamentare quotidianamente il complotto altrui permette di apparire sui media ogni giorno a denunciare l’avversario. Anche questa è tecnica antichissima, nota soprattutto ai bambini: tu dai uno spintone al tuo compagno del banco davanti, lui ti tira una pallina di carta e tu ti lamenti col maestro. Un altro elemento di questa strategia è che, per creare provocazioni a catena, non devi parlare solo tu, bensì lasciare mano libera ai più dissennati tra i tuoi collaboratori. Non serve passargli ordini, se li hai scelti bene partiranno per conto proprio, se non altro per emulare il capo, e più dissennate saranno le provocazioni meglio sarà”.

13 agosto 2017 – Mi ha colpito l’altro giorno quando ho letto che Matteo Renzi si è accorto che quando era all’apice del potere c’erano attorno a lui “leccaculo professionisti” che ora si danno alla fuga “scendendo dal carro”. Mi meraviglia il fatto che lui se ne sia accorto solo ora. Quando uno assume una carica di potere, soprattutto politica, sono tanti i cortigiani che si avvicinano per vari motivi al detentore. Ma la tipologia di questi personaggi è varia. C’è quello infatuato che è il più pericoloso perché sarebbe capace di giustificare le peggiori nefandezze. Poi c’è quello “interessato” alla cosiddetta “zizzinella” che salta sul carro per ottenere qualche prebenda. Anche questo è pericoloso ma è il primo a scappare via quando il potente non lo è più. Poi c’è quello che ha già avuto soddisfazione, diciamo così, e che sta lì a fare da stampella. Tutte queste tipologie di cortigiani hanno in comune il fatto di essere dei mediocri, spesso senza alcuna personalità e giudizio critico. Sono esseri spregevoli che un potere intelligente dovrebbe allontanare per tempo. Invece assistiamo spesso ad un chiassoso tifo da una parte, ed un compiacimento, nemmeno tanto nascosto, dall’altra parte. Più opportuno sarebbe fare come Papa Francesco che qualche mese fa ha dichiarato: “Io ho allergia degli adulatori. Perché adulare un altro è usare una persona per uno scopo, nascosto o che si veda, ma per ottenere qualcosa per se stesso. E’ indegno. Noi a Buenos Aires gli adulatori li chiamiamo “lecca calze””. E poi ha spiegato di preferire i detrattori ai “viscidi” adulatori.

16 agosto 2017 – “Rafaniè, fatt’ accattà a chi nun te sape”. Questo saggio proverbio napoletano vuole alludere al fatto che molto spesso alcune persone fingono di essere altro rispetto a quello che realmente sono per avere un vantaggio dalla loro performance recitativa. Attraverso lo storytelling (narrazione romanzata utilizzata come strategia di comunicazione persuasiva) e l’utilizzo dei social media, questo escamotage può risultare molto efficace. Per cui un soggetto che nella sua intera esistenza ha sempre pensato solo ed esclusivamente ai fatti propri potrebbe costruirsi un personaggio che appaia, ad esempio, come una persona solidale, un fervente religioso o addirittura un paladino della legalità. Tutto si basa su due principi che gli esperti di comunicazione conoscono molto bene: 1) la memoria corta, cioè la propensione da parte delle persone a ricordare solamente cose che siano strettamente recenti; 2) la riluttanza ad approfondire qualsiasi tematica che non sia strettamente necessaria a soddisfare i propri bisogni immediati. Insomma scarsa memoria e pigrizia favoriscono nel breve periodo la nascita e la crescita di questi “campioni virtuali’ che però dopo un po’ vengono come si dice in gergo “sgamati” dalle continue incoerenze tra il racconto “falsato” e l’evidenza della realtà.

18 agosto 2017 – Vi ricordate la lavagna dei “buoni e cattivi” alle scuole elementari? Si divideva con il gessetto la lavagna in due parti: dall’una si segnavano i buoni e dall’altra i cattivi, ai primi andavano gli elogi e agli altri le punizioni del maestro. Ecco, anche questo è uno strumento molto utilizzato dai populisti. L’idea è quella di mettere tra i buoni, oltre se stessi, anche tutti coloro che si adeguano incondizionatamente alla linea imposta dal comunicatore. Dall’altra parte, tra i cattivi, ci sono tutti gli altri, quelli che “sbagliano” perché non si allineano e che, perciò, vanno fustigati. E’ un modo obiettivamente semplicistico di dividere le persone perché come tutti sanno, non esistono i buoni e i cattivi, così come non esiste solo il bianco e il nero. Tra queste due categorie di colore, infatti, esistono infinite sfumature di grigio ma questo al “populista comunicatore” non importa. Il racconto persuasivo, la cosiddetta narrazione, deve risultare semplice così da essere immediatamente e facilmente assorbito. Proprio come accade nelle favole popolari dove i buoni e i cattivi si delineano nell’arco della storia e questi ultimi soccombono sempre. La costruzione della storia è chiaramente artefatta tanto che non servirà una lente di ingrandimento per notare tra i “buoni” soggetti che non lo sono e viceversa. L’espediente viene utilizzato per colpevolizzare il proprio avversario agli occhi dell’opinione pubblica, magari anche attraverso la gogna mediatica, in virtù di una presunta superiorità morale. Nel contempo, però, l’escamotage serve anche a dare un avvertimento a quelli che militano nelle proprie fila che suona più o meno così: “stai attento che ti metto tra i cattivi”. Quanto più il populista manca di leadership, cioè di capacità di convincimento sulle proprie tesi, tanto più è costretto ad estremizzare questa strategia per cercare di eliminare il dissenso interno, ma anche la semplice critica. La storia è piena di esempi nel passato ma anche molto recenti. Si pensi alla propaganda dell’esercito americano, che nella cinematografia sono descritti come “i buoni”, e che fece passare gli indiani (i nativi americani), che erano il popolo invaso, come “i cattivi” incivili che si rifiutavano di adeguarsi al progresso, mentre in realtà cercavano soltanto di difendere le proprie terre e la propria identità culturale.

24 agosto 2017 – Il populista ha bisogno di esprimersi con il turpiloquio. E’ essenziale che questi si immedesimi con la parte più popolana dell’elettorato per catturarne la simpatia. Utilizzare un gergo prosaico è una strategia comunicativa che serve per avvicinare la politica alle pulsioni più basse della società. Imprecazioni, maledizioni, insulti, coniazione di termini nuovi riferiti agli avversari o all’establishment (chi occupa o occupava una posizione di potere) attraverso i social network, obbediscono a una logica di “rispecchiamento al ribasso”. Il narciso di turno tenderà ad assecondare l’esasperazione crescente delle persone utilizzando espressioni colorite in cui si evidenzieranno anche pregiudizi razzisti, sessisti, omofobi, misogini. Tutto sarà ovviamente comunicato in maniera velata di modo da poter sempre replicare che sono “gli altri” che non hanno capito o che hanno decontestualizzato una frase.
Solitamente la costruzione del racconto ad effetto è costruito con questa sequenza: si parte dalla narrazione di un episodio negativo; si passa poi all’individuazione del presunto responsabile o di chi è stato giudicato “capro espiatorio”; si passa agli improperi nei confronti del bersaglio prima individuato; eventualmente si chiude il discorso con una espressione colorita tipo “…andate a …” o similare.
I populisti tenderanno a disarticolare l’elettorato facendo intendere che non esiste più il binomio destra-sinistra e che questo debba venire rimpiazzato dal “prima-dopo” oppure “vecchio-nuovo” o, ancora, “antico-moderno”. La sovranità del popolo e il pregiudizio contro le passate classi dirigenti sono utilizzate come arma per restringere o eliminare gli spazi di democrazia e di partecipazione dei partiti, nonché della cittadinanza attiva, a favore di un presunto efficientismo che si traduce, in realtà, in un comodo centralismo decisionale, spesso poco trasparente. Le assemblee istituzionali sono sistematicamente denigrate e considerate “perdita di tempo”, mentre l’associazionismo viene relegato al ruolo ricreativo, ma mai come soggetto attivo e proponente.
Va da sé che in questo modo, parlando “alla pancia”, in una società post-ideologica priva di sovrastrutture, la politica rinuncia ad una funzione educativa e diviene inevitabilmente espressione di volgarità. Questo porta ad una regressione culturale e coltiva il pensiero di una società che si basa sulle narrazioni e le emozioni, piuttosto che sulla realtà e la ragione. Come ha giustamente evidenziato il prof. Giuseppe Antonelli, ordinario di Linguistica all’Università di Cassino, autore del recente libro “Volgare eloquenza”: “se il pensiero corrompe il linguaggio, anche il linguaggio può corrompere il pensiero”. Più facilmente potremmo dirla come Nanni Moretti nel film Palombella Rossa: “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!”

29 dicembre 2017 – Della schiera di cortigiani fanno parte anche i cosiddetti “utili idioti”. Questi personaggi vengono utilizzati spesso nei momenti di difficoltà del potente di turno per esternare a suo favore o dare copertura politica alle schifezze più indigeribili. L’utile idiota, viene sfruttato e buttato nell’arena politico-mediatica, si prende anche molti improperi e si immola per la “causa”. Si fa i sui 15 minuti di popolarità di warholiana memoria ed è contento. E’ molto “utile” al potente ma essendo stupido non si accorge che in realtà viene utilizzato cinicamente dal suo burattinaio pur non godendo presso di esso di alcuna considerazione. L’utile idiota fa anche un po’ pena perché si accorge sempre troppo tardi di essersi innamorato di un abietto.

27 febbraio 2018 – Il populista è un vigliacco per definizione. Quando vuole spegnere una critica insistita nei suoi confronti, spesso giusta, attacca frontalmente uno dei suoi detrattori. La scelta del capro espiatorio, su cui cercherà di spostare l’attenzione della pubblica opinione, sarà ben oculata: cercherà di screditare la persona utilizzando un pregiudizio ben radicato nella collettività. In questo modo oltre ad ottenere l’effetto di “distrarre la massa” lancia un avvertimento minaccioso a quelli che vogliono esprimere liberamente una critica. I cortigiani, sia gli “utili idioti” che quelli lautamente compensati con prebende varie, applaudiranno e completeranno l’opera confermando tutta la loro mediocrità.

Immagine: “Like a Vision” di Mister Thoms

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