Il ritorno del maestro Roberto De Simone

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Quella di ieri sera può sicuramente essere annoverata come una giornata storica per Marcianise. Dopo circa 38 anni è tornato a far visita alla città di Marcianise il maestro Roberto De Simone. L’occasione che si è presentata era, diciamo la verità, stimolante sia per quanti negli ultimi tempi hanno lavorato per il recupero delle tradizioni della nostra città, sia per lo stesso De Simone che negli anni si è rivelato come un autentico studioso della cultura popolare campana oltre che un appassionato curioso delle espressioni artistiche della civiltà contadina. Da questo ultimo punto di vista non si può negare che la storia passata della città di Marcianise e nel contempo il bagaglio culturale della nostra tradizione rappresentano una vera e propria miniera d’oro mai compiutamente esplorata nella sua interezza.
Era il 1972 quando De Simone, allora quasi 40enne, assieme alla fotografa Marialba Russo, arrivarono a Marcianise riuscendo ad effettuare una prima raccolta di informazioni di natura antropologica attraverso il metodo dello studio ”su campo”. Il maestro dirà che, già allora, la cultura e la tradizione popolare erano in rapida dissoluzione per via dell’abbandono progressivo dei campi ed il conseguente avanzamento dell’industrializzazione. Tornerà poi negli anni successivi, in più tappe e, con l’ausilio di alcuni suoi studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, entrerà in contatto con alcuni personaggi della nostra città che ispireranno gli studi futuri di De Simone a partire da quel “Carnevale si chiamava Vincenzo” pubblicato poi nel 1977. E’ soprattutto a Marcianise che De Simone ritrova rituali che all’epoca erano ritenuti già scomparsi ma che invece l’etnomusicologo napoletano scopre che erano ancora presenti in varie espressioni nei balli, nei canti e nelle ritualità cerimoniali della tradizione contadina marcianisana.
Quei personaggi, potremmo dire quelle muse, avevano nomi e cognomi: Alfredo Ordano, Venere Veneruso detta “a’ Spagnola”, Maria “Cicchinella“. Uomini e donne che ballarono e cantarono per Roberto De Simone e che permisero allo studioso di riempire pagine di appunti e nastri di registrazioni. Canti che furono poi trascritti e pubblicati e che oggi rappresentano un patrimonio culturale di straordinaria importanza. Ancora oggi De Simone ricorda perfettamente la voce di Ordano, “zi Alfredo“, considerata eccezionale nel timbro, nella potenza e nella musicalità. Dobbiamo essere grati al maestro per quel lavoro fatto in un momento in cui tutto stava scomparendo e che, grazie alla sagacia e alla passione di Roberto De Simone, oggi può sopravvivere e noi possiamo con orgoglio riproporlo alle nuove generazioni.
A sottolineare il fatto che ieri si stava consumando un momento storico, il tam tam cittadino ha richiamato una folla di appassionati, di curiosi ed anche di testimoni delle visite del maestro negli anni settanta. Un emozione forte quella degli astanti così come deve essere stato per De Simone il quale si presentava vivace nello spirtito anche se acciaccato dagli anni nel fisico. “Viciè pecchè si muort?” oppure “Li Gioia Soie“, rimbombavano ieri le voci delle donne nella sala attrezzata per l’occasione da quelli dello “Spazio Corrosivo” che ha riproposto anche quest’anno la “Lamentazione per la morte di Vicienz’ Carnaval“. Semplice la scenografia: un letto funebre in cui era stato sistemato il fantoccio Vincenzo ed attorno i lumini contribuivano a rendere l’atmosfera più tetra. Ma poi la morte viene presa in giro dalle lamentele delle donne in un alternarsi di drammatizzazione e sdrammatizzazione, pianti e lazzi all’indirizzo del povero “Vicienzo” la cui colpa è quella di essere morto prematuramente.
Come sempre accade, per comprendere il fatto che questa città è capace di tirare fuori doti eccezionali c’è bisogno di un occhio esterno. Allora come oggi, la città che cerca con disordine una sua identità culturale potrebbe fare cento passi avanti cominciando a comprendere che un’identità già ce l’aveva e l’ha voluamente nascosta sotto terra. Toccherà a tutti, vecchie e giovani generazioni, dissotterrarla, comprenderla e metterla a disposizione di tutti per affrontare il nostro presente ed il futuro prossimo.

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