La parabola di un campione

Diceva Mohammed Alì: “Il vero campione non è chi mette l’avversario ko, ma colui che andando al tappeto ha la forza di rialzarsi”. Non so se Mirko Valentino fosse a conoscenza di questo saggio aforisma, ma è sicuro che ne abbia tratto insegnamento. In verità se ne ricava una lezione che è valida per chiunque. Non soltanto per i pugili e gli atleti, ma anche per coloro che prendendo quotidianamente tante “botte” dalla vita hanno bisogno di un minimo di incoraggiamento per rialzarsi ad affrontare con determinazione le piaghe dell’esistenza.
L’insegnamento di questo piccolo grande campione marcianisano serve, “ci” serve. Mirko ha sempre saputo di avere la stoffa del campione ma circostanze a lui avverse ne avevano offuscato l’evidenza. Come ai Mondiali di Chicago nel 2007 quando una mano gonfia e dolorante gli aveva impedito di combattere alla pari con il suo avversario in finale e dovette accontentarsi dell’argento. Lo stesso accadde alle Olimpiadi di Pechino 2008, quando la sfortuna volle che si misurasse con il fortissimo cubano Yordenis Ugas negli ottavi di finale.
Ho incontrato Valentino per la prima volta al suo ritorno dai mondiali di Chicago e da assessore invitai sia lui che Clemente Russo nella Casa Comunale per festeggiare il loro trionfo. Lui era molto rammaricato di quell’argento e tutti cercammo di consolarlo. Lo rincontrai di nuovo al suo ritorno da Pechino, negli studi di una televisione locale. Era molto giù. Quando mi vide corse ad abbracciarmi anche se il suo viso tradiva un’immensa amarezza. Capivo il suo stato d’animo: tanta attenzione (della città, dei media) per il suo compagno di squadra Clemente e niente per lui. Cercai di rincuorarlo, gli dissi: “Guarda che lo sappiamo tutti che sei un campione. Rialzati e vai avanti”. Così gli avranno consigliato coloro che credono in lui: genitori, amici, i suoi maestri e così ha fatto. Nel pugilato, come nella vita, per avere successo bisogna avere fame. Mirko era affamato e lo sarà ancora fino a che la sua strada agonistica non lo porterà là dove tutti gli atleti sognano di arrivare: sul massimo podio delle Olimpiadi.
Dalla “parabola” della sua storia possiamo trarre un importante insegnamento e cioè che quando si cade bisogna rialzarsi e puntare dritti al prossimo obiettivo. Non importa quando, nè come e nemmeno dove accadrà. Quando si vuole una cosa, e la si vuole veramente, anche il traguardo più ambizioso può essere raggiunto.

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